Sogno, desiderio, obiettivo: distinguere per non fallire. Apparentemente i tre termini possono sembrare sinonimi ma non lo sono e, la cosa più grave, è che se li confondiamo i riusultati che otterremo saranno insoddisfacenti se non rovinosi!

Sogno, desiderio, obiettivo: a pensarci bene l’impressione è che tutti e tre si possano sovrapporre fino a costruire un perfetto gioco di matrioske.  La direzione però non può confonderci e si chiama futuro.

Ogni volta che un individuo comincia ad immaginare, a desiderare e a progettare, sposta sé stesso un po’ più in là del suo presente vissuto, nella ricerca intima e personale di un senso alla propria esistenza. In altri termini potremmo parlare di senso del svilupparsi.

Voglia di essere, di divenire, di migliorare il proprio presente: ecco un punto in comune che abbraccia sogno, desiderio, obiettivo. Per tutto questo serve però un uomo confidente, capace di immaginare sé stesso con fiducia, con stupore, con tenacia.

Allora un punto diventa imprescindibile: ci vuole autostima e ci vuole consapevolezza per immaginarsi nel potenziale di un tempo, di uno spazio e di un progetto. Non solo. Svilupparsi richiama il soggetto alla sua capacità di gestire il presente, nella misura in cui è l’azione di oggi che costruisce la realtà del domani.

E allora sorgono subito altri interrogativi: quanto ci sentiamo autorizzati a sognare? Quanto legittimiamo i nostri desideri? Quante volte siamo in grado di sabotare i nostri obiettivi?

  1. SOGNO: abbiamo coltivato tutti sogni da bambini. E poi che cosa ne abbiamo fatto? Quali ci accompagnano ancor oggi? quali sono realizzati? Quali sono stati dimenticati o rimasti insoluti? Sognare è un’attività del pensiero creativo, il filosofo Hillman considera il sogno una poetica che è presente in ogni mente, perché profonda e insaputa. Ogni sogno detta un confine differente tra fantasia e realtà, in funzione della capacità percettiva e interpretativa che distingue ogni unicità della mente umana. Il linguaggio del sogno è spesso intriso di astrattezza, ambiguità, di caos, di paradossi e contraddizioni. Il sogno fluttua nella mente tra conscio e inconscio. È dunque un materiale grezzo che sussurra possibilità illimitate e fuori dal tempo. Lo si potrebbe considerare un’opera creativa che ha potenziale ma necessita di fiducia e azione per farsi realtà.
  2. DESIDERIO: è una parola chiave per l’essere umano poiché muove la vita. Definito genericamente come impulso a qualcosa che ci manca, non va confuso con la motivazione, con l’intenzione e con la volontà. Per tutto questo l’arte del Coaching, in chiave maieutica, permette al Coachee (cliente) di dipanare luoghi comuni, equivoci linguistici e credenze consolidate. Nello specifico: il desiderio si mostra fecondo e generativo quando è capace di alimentare una catena di passi oltre, distinguendosi dal capriccio confuso e sregolato. Tutt’altro che indisciplinato, il desiderio richiede fedeltà che si esplicita nella capacità di lavoro, di impegno, di progetto, di creatività. Il desiderio è ciò che risveglia il nostro animo, lo mette in movimento, lo prefigura e lo indirizza, lo rivitalizza nel tempo. Spesso il desiderio è immagine dei valori a cui scegliamo di aderire per organizzare la nostra vita futura.
  3. OBIETTIVO: è concreto, tangibile, palpabile. Non basta desiderare qualcosa. Per realizzare una visione di noi dobbiamo saper trasformare l’intenzione in un’attuazione, in una prestazione, in un obiettivo funzionale che necessita di essere definito, costruito, gestito e monitorato. Secondo le regole SMART sappiamo che un obiettivo deve poter godere di specificità, chiarezza, precisione, misurabilità, concretezza. Per tutto questo serve un piano di azione, capace di parcellizzare il futuro desiderato in un sistema efficace di micro-obiettivi autodeterminati. Il tutto presuppone nel Coachee la consapevolezza di incontro tra le proprie forze positive di perseveranza e le proprie forze negative che portano alla chiusura e alla passività.

Conclusioni

  • chi sono – che tipo di persona sono, cosa faccio?
  • Dove sto andando – quali scelte sto affrontando, quali decisioni sto prendendo?
  • Perché lo sto facendo – qual è il mio obiettivo, cosa mi prefiggo di raggiungere?

Le distinzioni linguistiche aiutano a dipanare le nebbie della confusione e ad ottenre risultati eccellenti attraverso un cambio di prospettiva che porta ad intraprendere azioni nuove.

E soprattutto, mai dimenticare Seneca:

Non esiste vento favorevole per il marinaio che non sa dove andare