Il potere di una mente che osserva è sovente sottovalutato eppure ha in sé la soluzione a molti dei nostri problemi. Esso nasce dalla scelta di gettare le radici nella capacità di essere, prendendo dimora nel presente.
Nella mindfulness un rilievo speciale ha la distinzione linguistica “Fare – Essere“; infatti, meditando ci si può rendere sempre più capaci di sostare nella modalità esperienziale dell’essere, da cui origina la forza per surfare le onde della vita.
Infatti, se le onde (metafora di stress) cui siamo sottoposti non possono essere previste o evitate possiamo tuttavia contare su una forza che ci consente di viverli in modo meno reattivo.
L’idea di fondo che ispira tutti i protocolli Mindfulness Based è che possiamo togliere allo stress il potere di logorarci (in proposito, si veda questo articolo), evitando di sentirci frustrati o – peggio – falliti. Come? Radicandoci nella capcità di essere, prendendo dimora nel presente.
Tonalità edonica: condizionamento e impermanenza
Tra le componenti dell’esperienza ritroviamo la tonalità edonica che si riferisce alla piacevolezza o spiacevolezza dell’esperienza emotiva (valenza edonica positiva vs. negativa) per il soggetto che la sta provando.
Come possiamo spostarci dalla modailtà fare a quella essere? La mindfulness ci suggerisce di fermare la tendenza compulsiva a fare, dedicando uno spazio alla pura osservazione di ciò che accade.
Vivere nella pienezza dell’esserci da forza perché ci fa prendere contatto con il potere di una mente che osserva e non che giudica, come avviene quando innestiamo il pilota automatico (per disattivarlo, guarda questo articolo).
Il piacevole o lo spiacevole sorgono e cessano in un moviemento continuo, in cui buona parte del piacevole consiste nell’otenimento di ciò che desideriamo e lo spiacevole dal non conseguire ciò che si brama o dalla sgradevolezza di un’esperienza sensoriale (es.: un odore disgustoso).
Piacevole – spiacevole non sono un assoluto ma sono conseguenza di abitudini, credenze, condizionamenti familiari e sociali. Ci convinciamo di non poter essere felici se la realtà non si accomoda al nostro ego.
La mindfulness ci fa toccare con mano quanto sia liberatorio sbarazzarsi di qualche pregiudizio restituendo al presente la sua centralità.
I sensi: àncore per il presente
Se non siamo presenti, un modo semplice per riconnetterci è usare i 5 sensi che sono sempre ancorati al qui ed ora. Ciò che vediamo, ciò che sentiamo lo vediamo e sentiamo ora! Il corpo ed il respiro sono sempre nel qui ed ora.
Meditando lasciamo che la mente raggiunga il corpo, nel tempo e nello spazio (per gli effetti della meditazione sul cervello, si veda qui). Ti invito a farlo ora! Metti un timer per 4 minuti, chiudi gli occhi e osserva le sensazioni del respiro che entra ed esce dal corpo.
Quando un pensiero sorge, accoglilo e poi vai oltre. Oltre, in direzione della modalità dell’essere. Dove ti porterà? Oltre, facendo emergere esattamente ciò che è, e deve essere o non può che essere. E’ il potere di una mente che osserva!
La tua presenza… e niente più!
E’ la chiave per un cambio a 360°: sarai centro e periferia, fugacità ed eternità. Come scrisse San Francesco di Sales:
In ciascuno dei tuoi istanti è contenuto, come in un nocciolo, il seme di tutta l’eternità.
E’ interessante come San Francesco di Sales (1567-1622) dica: “inciascuno dei tuoi istanti” e non di istanti impersonali: quando si medita è sempre e solo in prima persona, mettendoci serimanete al lavoro.
Lo si afferma anche nella tradizione buddhista “Se incontri il Buddha per strada, uccidilo!” ossia ammonendocia vivere il nostro tempo senza scimmiottare nessuno.
La conoscenza intuitiva della realtà non può che essere unica, irripetibile, respiro dopo respiro.
Fare versus Essere
La modalità del fare si basa sul raggiungimento di obiettivi e ci logora, ci fa vivere come assopiti nei nostri pensieri soffrendo ad ogni cambiamento indesiderato. Lottiamo per accorciare la distanza tra noi e quello che desideriamo, che si tratti di qualcosa di materiale, di un certo status sociale o dell’amore di una persona.. Ci sentiamo minacciati e siamo preda della paura di fallire, di sbagliare odi non farcela.
La modalità dell’essere, invece, si basa sull’osservazione accettante, che ci apre le porte ad un radicamento forte in noi stessi, raccolti ma al contempo aperti a tutto ciò che viene e va. Aperti atutto, attaccati a nulla. Su questa base, saremo più equilibrati e forti, perché potremo godere dell’appoggio della dimensione dell’Essere, chè è più forte di qualsiasi (in)successo.
Di seguito, una Tabella riepilogativa (non esaustiva) delle differenze tra Fare ed Essere:
FARE | ESSERE | |
---|---|---|
Focus Temporale | Rilfessione sul passato e proiezione su obiettivi futuri | Qui ed ora |
Intenzione predominante | Azione in vista di scopi | Esperienza senza scopi |
Atteggiamento mentale | Giudizio | Sospensione del giudizio |
Percezione della vita | Filtrata dalla mente | Esperienza diretta |
Approccio a se stessi | Modifica ciò che non risponde ai desideri | Accettazione |
Percesione di Sé | Isolata | Connessa |
Livello di decisionalità | Automatismo | Intenzionalità |
Forza e Fragilità
Un maggior radicamento nell’essere significa che non ci sranno più momenti difficili, segnati da sconforto? La risposta è no! Anche la forza, come tutto, è impermanente al più è un centro di gravità.
Come capita di perdere l’equilibrio, così si potrà perdere la forza. Cadremo come siamo sempre caduti. I traumi, a volte, sono troppo sfidanti per noi e e possiamo andare in pezzi, silenti verso un dolore che ci ammutolisce perché non cessa di dominare la nostra mente.
Per questo pratichiamo! Perché quelle cadute siano – nei limiti del possibile – attutite da un atteggiamento mentale costruttivo.
Ti invito a stilare un grafico della tua vita in cui hai avuto momenti sì e no; in quest’ultimo caso, cosa ti aiutato a risalire la china? Per alcuni saranno gli amici, per altri i familiari, un icnontro inaspettato, un’esperienza illuminante (es.: un Cammino spirituale) oppure un mix di quanto detto.
Come emerge dalle parole del filosofo e matematico libanese Nassim Nicholas Taleb nel suo libro Antifragile, lo snodo fondamentale sta nella capacità di accogliere la crisi e utilizzare il caos per costruire una nuova esistenza e un nuovo Sé più sviluppato, migliore. La robustezza consente di sopportare, la resilienza permette di adattarsi e resistere. L’antifragilità porta a evolversi:
Una cosa resiliente resiste agli shock ma rimane la stessa di prima: l’antifragile dà luogo a una cosa migliore.
Conclusione
Lo stesso vale per la capacità di riconoscere che i passi falsi e i fallimenti sono un’occasione di crescita e un’opportunità di miglioramento. “Solo chi fa, sbaglia”, recita la saggezza popolare e l’antifragilità affonda le sue radici proprio nel cambiamento e nell’errore che spinge a cercare un modo per “andare oltre” e “diventare di più”.
Il potere di una mente che osserva ci aiuta a mutare evolvendo piuttosto che rimanere ancorati al disagio.